Complice di narrazioni: il museo da raccontare

a Paolo Rosa

Nell’immaginario collettivo, il museo è il luogo della conservazione e della memoria. Un luogo statico dove si può assistere a ciò che è stato ma non viverlo. Come attraverso un apparato scenografico e allestitivo, come con l’uso delle nuove tecnologie digitali, si può trasformare da Architettura chiusa e statica a organismo vivente in contiua mutazione? Attraverso il racconto del suo lavoro, narrato nelle pagine del bellissimo libro Musei di Narrazione, Studio Azzurro ci fa vivere il museo come habitat narrativo, attraverso percorsi interattivi e affreschi multimediali, racconta luoghi e ri-costruisce strutture narrative e interattive, ricercando la contaminazione tra lo spazio fisico, lo spazio della memoria e quello immateriale delle tecnologie digitali. I quattro nodi fondamentali della mappa concettuale in apertura del libro – apprendimento, arte, tecnologia, territorio – prefigurano gli ingredienti principali su cui dare forma a una mutata idea di museo e indicano una serie di nuove funzioni: museo come percorso per restituire l’invisibile; museo come luogo per stare non da attraversare: museo come luogo dove si produce socialità; museo come luogo che ha molte radici dentro il territorio, che riesce ad essere veramente connesso con il territorio ed essere luogo di condensazione, di convergenza delle persone per produrre una dimensione partecipativa e virtuale fortissima; e quindi, luogo dove si raccontano nuove storie, che mettono in connessione due elementi: quello della memoria, ma di una memoria che  si relaziona con una condizione “dove vai ad imparare non solo la Resistenza, ma vai ad imparare il linguaggio delle tecnologie”.

Al centro della mappa la narrazione: alla base c’è l’idea del racconto con l’idea del narrare mentre si costruisce; una sorta di sceneggiatura per raccontare una storia condivisa che si fa racconto, storia, soggetto nel corso del processo e l’idea del “soggettivizzare” ciò che si dice e prendere posizione rispetto a ciò che si ascolta e, in base a questo creare una dinamica reciproca in cui ci si scambiano i punti di vista. Il tema fondante è che il museo di narrazione contiene un patrimonio immateriale, intangibile, fatto delle relazioni che si costruiscono intorno ai luoghi, che il luogo stesso contiene non solo come memoria; e una memoria che non è solo legata al passato, ma ad un passato attualizzabile: le memorie del passato contengono l’oggi; tutto ciò che è passato non ha a che fare solo con l’avvenuto, con ciò che già è stato, ma come questo oggi continua ad essere estremamente attuale, estremamente necessario: i luoghi hanno una storia che continua. E il racconto di un museo di narrazione è che questa storia non finisce più. Il museo dovrà continuare ad implementare quella storia, a viverla nella contemporaneità.

E i musei di narrazione dentro hanno questa capacità: di far vivere la realtà legata ai luoghi, ai territori, alle persone che vivono quei luoghi e quei territori, di essere dei veri e propri affreschi: dei veri e propri “portatori di storie”.

E la grande peculiarità di Studio Azzurro sta nel diventarne artisti, annientando il confine tra l’opera e l’allestimento; riattualizzando gli interventi artistici di altri; producendo attraverso la narrazione degli oggetti, attitudini, esperienze, vita, relazioni. E attraverso un apparato scenografico e tecnologico sempre più palesato, l’arte e la scienza si fondono per individuare nuove sequenze di senso, nuove configurazioni materiali ed immateriali in un rapporto critico con la memoria.

Lo Spazio sintesi di spazio fisico, spazio mentale e spazio virtuale, la Scienza dello Spazio come analisi e lettura di un luogo al fine di comprenderne e interpretarne la complessa stratificazione di segni e l’ Arte azione creativa e progettuale volta a riattribuire significato a luoghi e manufatti.

E gli interventi allestitivi, performativi e comunicativi per una fruizione inedita, immersiva e attiva: lo scopo è espandere la dimensione emozionale.

E il raccontare non solo con la voce, ma con le espressioni del volto: così nel Museo della Resistenza “quando tu sfogli la pagina del libro è come se tu chiedessi a lui qualche cosa, e lui sta rispondendo a te in quel momento con quella gigantesca faccia che ti sovrasta, ma che ti esprime tutto il suo mondo emozionale insieme alle parole”.

E il produrre gesti, come veicolo della memorizzazione e della relazione. Come afferma Paolo Rosa, fondatore di Studio Azzurro: “noi professiamo che il nostro lavoro artistico è legato ad una estetica di tipo relazionale, un lavoro che nella sua processualità non è che l’innesto di un’operazione; perchè il lavoro deve essere progredito attraverso il lavoro delle persone e in questo deve recuperare oltre la dimensione del mito, cioè della narrazione, anche la dimensione del rito, la dimensione della condivisione dell’esperienza che rimane sovrapposizione, patina, che rimane evoluzione di quella cosa che diventa cosa condivisa perchè l’hanno fatta in una comunità tanti che l’hanno sentita loro”. E questa dimensione relazionale è fondamentale; è il luogo dove poter cercare oggi un’estetica che non sia più soltanto un’estetica formale, ma un’estetica che abbia una radice che ci riporta ad una condizione sociale. Questo è un altro punto fondamentale: tutto ciò si ributta nel territorio, essendo la costruzione di un museo, la costruzione di un’entità sociale fortissima che va ripensata. Attraverso l’oggi, attraverso gli stumenti dell’Oggi.

E questa duplicità è importante, perchè questi musei, veri e propri organismi viventi, sono anche dei metamusei, dove si sperimenta anche il linguaggio della contemporaneità, di quello che si proietta più in la.

Si ha proprio la dimensione tra memoria e la dimensione che si sporge verso il futuro.