Assumere il luogo come testo o generatore di testi drammaturgici o sceneggiature urbane
Tramandala e Segni Percorsi: una storia.
L’esperienza con Teatri di Vetro 3 nasce dall’interesse che il corso di scenografia ed il Master in Scenografia UrbanaTeatraleDigitale hanno sviluppato attorno al tema delle trasformazioni urbane, individuando nel Municipio XI° (quartieri Ostiense e Garbatella), il luogo della concentrazione delle modificazioni attualmente più evidenti e sostanziali della città di Roma.
Il primo step operativo è consistito in una “mappatura” del territorio da parte dei circa 70 studenti del corso, un’indagine diretta sul campo che tenesse conto soprattutto del lato percettivo e relazionale, durante un’esplorazione assolutamente personale e soggettiva dei luoghi e delle persone. Occorreva dare importanza alle sensazioni e agli stati d’animo, cercare di scoprire le storie nascoste dei luoghi, vivere il contatto diretto con gli abitanti e poi riportare tutto questo sotto forma d’indicazioni grafiche, testi, foto, video, interviste.
Il fatto che almeno la metà degli studenti fosse Erasmus, proveniente da tutto il mondo, e che quelli italiani in buona parte fossero dei fuori sede, ha agevolato l’imparzialità dell’operazione. Quantomeno, l’ha spogliata di tutte le superfetazioni sensoriali legate alla lunga frequentazione di un luogo, ha evitato quell’effetto di “già visto” o “già sentito” che avrebbe danneggiato l’approccio open minded essenziale alla riuscita dell’operazione.
La mappatura, benchè fosse necessariamente un atto il più possibile slegato dalle proprie certezze e dalle proprie conoscenze, aveva però bisogno di essere legata alla struttura intima della città e della sua storia. Solo un approccio che avesse tunuto conto della evoluzione degli eventi che hanno generato i relativi luoghi, avrebbe potuto garantire un risultato formale ancora più forte rispetto al rapporto con il contesto.
I luoghi dei punti di partenza di queste tre mappature in cui è stato diviso il Municipio XI°, Ostiense, Garbatella, Parco della Caffarella, non sono stati scelti a caso, ma sono stati individuati facendo riferimento al disegno dell’Altera Forma Urbis Romae, un incredibile sistema di relazioni –tenuto volontariamente segreto per secoli- che lega la struttura urbana della città di Roma al disegno di una “Stella”.
È quanto testimonia uno studio di Pier Maria Lugli, ripreso da Gianfranco Moneta e implementato sul disegno della Roma contemporanea, nonché sperimentato in anni di ricerca universitaria nel campo della progettazione architettonica. Questi ha avuto, infatti, l’intuizione di prendere la Stella costruita al primo e quinto miglio dell’età repubblicana ed “espanderla” al settimo miglio, ricostruendone l’immagine sulla città consolidata, compresa nell’ambito del G.R.A., per indagare permanenze ed innovazioni nella struttura dell’impianto urbano.
Ogni punto della stella originale, ovvero i nodi, gli assi e i flessi, individua giaciture e allineamenti dei monumenti della Roma antica. Si riscontrano quindi interessanti corrispondenze con la stella di Roma attualizzata: in particolare nell’XI° municipio oggetto del presente studio, al nodo 13, mutuato dal luogo della “Casa di Augusto”, oggi troviamo la stazione della Metro Garbatella; il nodo 61 “spina del Circo Massimo” è oggi la Basilica di San Paolo; il nodo 79 del “Tempio Divi Claudii” individua invece un altro luogo storico ma fuori le mura: il “Tempio del dio Redicolo” nel parco della Caffarella.
Tre punti di partenza, quindi, non legati alla storia di un monumento, ma all’intima relazione che esso ha con la struttura complessiva della città, una relazione che lega le parti al tutto e che considera il tutto come un insieme inscindibile di parti.
Tutte le informazioni raccolte dagli studenti sono state organizzate e metabolizzate nella consegna di due elaborati in formato A3, in ognuno è stato riportato il percorso effettuato con le informazioni raccolte ed è stata costruita una prima bozza di proposta progettuale per una performance. Le singole performance dovevano essere ispirate alle storie individuate tramite la realizzazione delle relative scenografie urbane.
Il materiale della mappatura è stato poi richiesto in formato kml, ovvero preventivamente riportato dai singoli studenti sulla piattaforma Google Earth, sia come tracciato dei percorsi effettuati nella mappatura, sia come contenitore delle informazioni acquisite (foto, appunti, indicazioni grafiche, ecc.).
Successivamente gli studenti hanno potuto riunirsi in piccoli gruppi per costruire la proposta progettuale dell’esame finale. Sono partiti dalle idee oggetto della consegna, ovvero dal loro incontro-scontro con il territorio (non da un testo precedentemente assegnato) sfruttando gli spazi urbani, l’architettura, i personaggi -reali o immaginari- delle loro derive urbane all’interno del Municipio XI°.
Questo incredibile e ricco materiale fatto di annotazioni, spunti, intuizioni, immagini, ha offerto un’altrettanta ricca produzione di proposte operative, confluite poi nel materiale d’esame esposto nella mostra “Segni Percorsi” realizzata presso la Casa del Municipio – Urban Center RM XI.
L’idea di dare visibilità a questo inedito e particolare materiale d’analisi del territorio, è stata accolta con entusiasmo dalla responsabile dell’Urban Center, Federica Zampa, che ha voluto includere nella programmazione degli eventi, un importante momento di condivisione dei risultati. Proprio nei giorni del Festival Teatri di Vetro 3 la performance TraMandala ha avuto la sua genesi raccontata negli stessi luoghi da cui è partita l’analisi territoriale, e negli stessi ambiti performativi del Festival.
L’urban Center, infatti, è uno spazio ricavato nell’ex-garage del mercato rionale di via Passino, un luogo centrale della Garbatella che rappresenta un punto di riferimento per gli abitanti, un luogo in cui si condensano memorie e pratiche sociali e che partecipa attivamente anche alle attività del Festival TDV3, sin dalla sua prima edizione.
Contemporaneamente alla progettazione della mostra, sul piano dell’analisi territoriale, l’insieme delle 70 mappature visualizzate contemporaneamente con Google Earth sulla cartografia satellitare di Roma, ha innescato una serie d’importanti considerazioni sull’uso degli spazi urbani, sulla loro attitudine o meno a catalizzare l’attenzione di chi ne fruisce anche inconsapevolmente. Ad esempio: perché alcuni percorsi sono stati seguiti più degli altri? perché certi luoghi sono stati raggiunti ed altri evitati? Perché alcuni segni storici “deboli” permangono ed altri segni della contemporaneità “forti” si dissolvono? Qual è il ruolo dell’architettura nel rapporto tra spazi e percorsi?
Queste ed altre domande esigevano un salto di qualità nell’attività condotta fino a quel momento: occorreva esplicitare il lavoro d’analisi attraverso la costruzione di un evento performativo che facesse reagire le intuizioni con gli stessi luoghi che le hanno generate e suggerite.
Dodici studenti del corso hanno raccolto questa proposta operativa, un progetto site-specific che è stato successivamente accolto senza esitazioni dal Direttore del Festival Teatri di Vetro. Roberta Nicolai, infatti, ha subito intuito l’importanza di un’operazione che, da una parte, potesse proporre un’esperienza teatrale partendo da un punto di vista assolutamente diverso ed unico, quello dello studente di architettura; dall’altro, potesse costruire un evento indissolubilmente legato agli spazi del festival che –guarda caso- venivano confermati, nella loro localizzazione, dalla mappatura degli studenti graficizzata su Google Earth.
In tre mesi un manipolo di dodici studenti e cinque collaboratori del corso, ha quindi costruito una performance passando attraverso tutte le tappe di uno spettacolo teatrale (itinerante e statico) negli spazi della Garbatella: individuazione delle tematiche, costruzione dei personaggi, scrittura dei testi, scelta delle musiche, progettazione e realizzazione di costumi-scenografie e ciclo-scene; oltre a dover risolvere problemi legati ad illuminazione, gestione del pubblico nel loro spostamento attraverso i Lotti, costruzione dell’immagine coordinata per la comunicazione degli eventi.
Il successo della performance finale, TraMandala, pur nella difficoltà oggettiva di dover gestire un pubblico numeroso oltre le aspettative, ha permesso di reggere il temuto confronto con gli artisti professionisti presenti nella stessa serata, dimostrando che il teatro è vivo li dove sono vive la passione, l’impegno e la dedizione; allo stesso tempo ha dimostrato come si possa fare ricerca sul territorio condividendone i risultati con gli abitanti, attraverso modalità innovative – ma concrete – di partecipazione.
Nella stessa serata, infatti, lo “spettattore” poteva assistere alla performance TraMandala e approfondirne le tematiche visitando la mostra SegniPercorsi all’Urban Center, senza soluzione di continuità, fra spazi performativi e spazi espositivi.
Last but not least, l’esperienza ha prodotto un gruppo, non più singoli studenti, ma come in una vera compagnia teatrale un insieme eterogeneo di specificità caratteriali e quindi performative, che si è voluta identificare con un nome assolutamente attinente: i “GarbaTellers”.
Tramandala e Segni Percorsi: “I GarbaTellers”
Nelle rare occasioni in cui il mondo dell’università incontra il mondo del lavoro, nel caso specifico il delicato/spietato mondo del teatro (un “cortocircuito” fatto in punta di piedi, da non professionisti), generalmente s’innescano due meccanismi virtuosi. Da una parte gli studenti prendono atto che la professione è tutt’altra cosa rispetto al mondo ovattato, “incantato”, dell’accademia e si misurano con un rigore fatto di responsabilità nei confronti di un team di lavoro e di una committenza; dall’altra, quando l’università reagisce con il mondo dell’arte, si producono sinergie molto interessanti, portando un po’ di freschezza e di sana follia all’interno del processo creativo.
Queste “contaminazioni virtuose” possono rimanere mere esercitazioni didattiche, ovvero l’ennesima occasione mancata; a volte invece, qualche volta, ed è questo l’obiettivo del nostro percorso didattico, le contaminazioni mettono in moto un meccanismo performativo. La sua valenza sta nell’essere generato da un processo logico oltre che astratto, il cui risultato finale può essere con certezza classificato quale gesto artistico.
Il processo logico è la base di partenza di una ricerca che deriva dall’architettura, pur essendo necessariamente legata all’incontro fra le discipline umanistiche e quelle scientifiche. La storia come processo, la città come insieme di relazioni fisiche e antropiche, visibili e invisibili, lo spazio come collettore di questo insieme d’elementi, eterogeneo, ma assolutamente “necessario” allo sviluppo urbano, sono stati i temi prevalenti della ricerca. Da qui un processo necessariamente lungo e faticoso, fatto di step intermedi nei quali lo studente acquisisce un metodo, applica le sue conoscenze e ne apprende altre. Si misura con un team del quale diventa un ingranaggio specifico a partire dalle proprie competenze, impara a rispettare i tempi e le esigenze della committenza, mantenendo però sempre vivo il senso artistico delle proposte creative; impara a fare gruppo condividendo passioni, emozioni, difficoltà, delusioni, gratificazioni.
Lo studente ha quindi l’opportunità di crescere non solo come professionista, ma soprattutto come persona, acquisendo la consapevolezza che la cultura, in generale, e l’arte, in particolare, non sono discorsi astratti, ma il risultato della costruzione di un’idea e la sua concretizzazione attraverso una metodologia, il cui esito formale finale risponde generalmente al grado d’approfondimento del suddetto percorso.
La differenza sostanziale fra chi produce arte per il teatro, e chi si relaziona all’arte teatrale attraverso l’esperienza universitaria, è proprio nella specificità del processo creativo. Mentre per i primi nasce soprattutto dalla sperimentazione, spesso dall’improvvisazione su un tema, dall’evoluzione di un approccio basato sull’insegnamento dei grandi maestri o dalla ricerca di un inarrivabile “grado zero”; un percorso lungo e continuato nel tempo fatto di infiniti aggiustamenti, di impercettibili ma sostanziali modifiche che rendono ogni particolare assolutamente insostituibile nella costruzione di uno spettacolo. L’esperienza accademica, invece, libera da responsabilità drammaturgiche di ricerca tout-court, spensierata, incosciente del peso sintattico ed esecutivo che ogni messa in scena comporta, pone il lato performativo al centro del risultato finale da proporre al pubblico; va in scena praticamente “senza rete”, con spettacoli “unici”, spesso costruiti e “aggiustati” fino a pochi momenti prima del debutto. Ovviamente questo non minimizza il lavoro o la profondità dell’operazione che, sebbene non sia soggetta ad una rigorosa etica del teatro, resta pur sempre la risultante della messa a sistema di contenuti raccolti attraverso un’analisi approfondita del territorio in cui si lavora, con particolare attenzione all’architettura (intesa come generatrice dello spazio) e al sistema delle relazioni che gli abitanti hanno instaurato con questi luoghi.